Ieri era il mio compleanno e per festeggiarlo mi sono concessa una giornata di totale libertà.
Non dal lavoro, visto che sono disoccupata, ma dalle
preoccupazioni e dai pensieri che caratterizzano le mie giornate "standard".
Volevo immergermi nella bellezza, qualunque aspetto prendesse, ma senza
programmare troppo.
Quindi, mi sono alzata con calma e, dopo colazione, ho
raggiunto il centro di Milano per il primo appuntamento : la mostra del National
Geographic, presso il Museo di Storia Naturale.
Ho sempre pensato che l'opera
di questa gloriosa associazione sia da prendere come esempio per chi, come me,
ama viaggiare ed esplorare le meraviglie del mondo e ne voglia raccontare
qualcosa agli altri.
Ieri però mi sono resa conto di quanto, nonostante i
miei numerosi viaggi, io fossi lontana dalla statura sia dei suoi fondatori, che
di tutti coloro che li hanno seguiti.
Non che mi sia mai ritenuta alla loro
altezza, intendiamoci: ma, nel mio piccolo, credevo di essere anch'io una
"voce" dello stesso coro, magari nell'angolo più lontano e nascosto.
E invece, non c'è proprio storia.
Di fronte al coraggio, alla tenacia e alla
bravura manifestate nelle opere viste ieri, non c'è travel blogger che
tenga.
Qualcuno forse vi si avvicina, ma non c'è paragone. Io, no di
certo.
Come si può non essere sopraffatti dall'ardore dei soci fondatori che,
nel 1888, diedero il via ad una straordinaria avventura, ancora oggi
appassionante?
Si può solo sostare, in reverente silenzio, di fronte alle
imprese che nel tempo hanno scritto una storia, riassunte in 150 immagini
spettacolari.
Ma non sono stati tanto gli "scatti epici" (quelli finiti su tutte le copertine) ad avermi colpito, quanto le immagini di imprese più datate, magari
tecnicamente imperfette, ma più emozionanti.
Come, ad esempio, l'autoritratto di
Robert Peary durante la sua avventura artica : lo sguardo sofferente, il volto
disfatto dalla fatica e dalle privazioni, il corpo ricoperto da una patina di
ghiaccio così come i vestiti.
Oppure, le prime fotografie di Macchu Picchu,
scattate nel 1915 dal suo ri-scopritore Hiram Bingham, grazie alla
collaborazione degli indigeni che coi loro machete sfoltirono la vegetazione che
ne ostruiva la vista.
Uomo e natura si incontrano nell'immagine che ritrae Dian
Fossey, in una posa amorevole, insieme con i suoi adorati gorilla, o
nel gesto di Jane Godall verso un piccolo di scimpanzé.
E che dire del
colibrì ripreso in volo con l'ostinata pazienza di un fotografo, o dello
straordinario orso bianco nella foresta, o dell'occhiata della tigre che filtra
dal chiaroscuro della giungla...
Lo sguardo si perde nella bellezza del
mondo, nei colori delle terre, del cielo, delle acque e dei suoi abitanti, ma è
catturato anche dalla rovinosa potenza di terremoti, eruzioni e tempeste.
Le scene di vita quotidiana invece, riprese in ogni parte del mondo, riportano
alla consapevolezza che l'Umano affonda radici nell'universale, pur presentandosi sotto aspetti diversi.
Mai come in questo momento di conflitti fra popoli e
culture, queste immagini dovrebbero servire da spunto di meditazione per ognuno.
Dovrebbero fare il giro delle scuole di tutto il mondo, per risvegliare nei
bambini ( e non solo) la coscienza dello Spirito presente nella materia e l'unità nel molteplice.
Da
parte mia, ho appreso una lezione di umiltà. Tornerò a scrivere di luoghi e a
pubblicare le mie immagini ma, per favore, non chiamatemi più "travel blogger". Il Viaggio, quello vero, è un'altra cosa.
Photo Gallery (parziale) su
NATIONAL GEOGRAPHIC
LA STORIA, LA FOTOGRAFIA, LE ESPLORAZIONI
Museo di Storia Naturale
Corso Venezia, 55 - Milano
Fino al 14 febbraio 2016
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