La notte scorsa c'è stato temporale e
stamattina, uscendo, sono stata investita dagli aromi del bosco e
degli alberi che circondano la casa, finora annichiliti dal calore
estivo.
Un odore forte e composito, che mi ha riportato indietro
nel tempo alle lunghe estati di vacanze scolastiche. Mi sono resa
conto che proprio allora, fra questi boschi, si è svolta gran parte
della mia prima educazione olfattiva, sviluppando quel gusto per gli odori delle cose, che più tardi mi ha portato anche a
viaggiare fiutando il mondo.
In realtà, i miei primissimi ricordi
olfattivi risalgono a periodi ancora precedenti, quando la mia
famiglia viveva nel Veneto : prati di narcisi selvatici in fioritura nel bellunese, nei quali, piccola com'ero, quasi sparivo.
Oppure, l'intenso saluto fragrante dei ciclamini, fitti nel sottobosco intorno al Lago di Misurina.
Profumi di cui ora però conservo solo una memoria virtuale e dei quali vorrei rinnovare l'esperienza sensoriale.
Oppure, l'intenso saluto fragrante dei ciclamini, fitti nel sottobosco intorno al Lago di Misurina.
Profumi di cui ora però conservo solo una memoria virtuale e dei quali vorrei rinnovare l'esperienza sensoriale.
Invece qui, fra i boschi dell'Appennino tosco-emiliano che ancora frequento, posso ritrovare quasi tutti gli stessi odori di allora.
Erano quelli tipici del castagneto, col
suo mix di foglie macerate, muschi, bacche di ginepro e legno in disfacimento...
e dei
funghi, che presto ho iniziato a conoscere sotto la guida di
Fioravante, detto "Fiori", il mio impareggiabile e dispettoso nonno
materno.
In primavera erano i prugnoli annidati
sotto il biancospino, dall'odore di farina fresca. In estate ed
autunno, i porcini dall'intenso sentore terroso, esposti al sole per
l'essiccazione o i rari ovoli sporchi di terriccio, più delicati,
che dispiegavano tutto il loro profumo nel piatto.
Se non era tempo di funghi, erano le
fragoline di bosco a inebriarmi, quando ne aspiravo l'effluvio dal
barattolo di vetro dove le mettevo. Oppure, l'odore dolce e scuro
delle more mature, distillato dall'ultimo sole di agosto.
Dei fiori, ricordo il timido spuntar
delle violette di febbraio, che si sentivano prima di vederle nell'erba.
Più
avanti, il vento di ginestra che accarezzava le colline, o la soave
fragranza del lillà, dei gigli e delle rose nell'orto-giardino della
nonna.
Per qualche anno i miei nonni furono
custodi di una piccolo santuario, dove entravo spesso per
respirarne il profumo d'incenso, cera di candele e petali caduti sul
marmo degli altari.
L'aria del grande prato dietro il
campanile invece era balsamica, satura delle chiome e dei frutti dei cipressi
che lo contornavano.
Quando pioveva, mi rifugiavo sotto i
portici coperti della chiesa ed aspiravo l'incomparabile fiato di
terra bagnata che saliva dal bosco, un odore pieno, sensuale, che per
me tuttora rappresenta l'essenza della natura e della vita.
E le persone. L'acuto sprigionarsi di
chiodi di garofano dal cassetto del comò della nonna, che aprivo di
nascosto in cerca di tesori; il mozzicone di sigaro
toscano del nonno, sempre stretto fra le labbra a mascherarne il
sorriso sornione; la "puzza di rughe" della zia Maria, come
definii allora l' odore di una vecchiaia povera e bigotta.
Nella prima e più povera casa dei
nonni, c'erano anche un forno esterno e, in cucina, un grande camino
: almeno una volta la settimana la fragranza del pane si spandeva
dappertutto, mischiandosi all'odore delle braci, della cenere e
della polenta di castagne versata sul tavolo di legno.
Qualche volta, nei giorni di festa, nel
nostro forno si cuocevano gli zuccherini aromatizzati all'anice o gli
spumini, versione povera ma non meno profumata delle meringhe.
Mentre scrivo però, mi accorgo che ora questi ultimi odori non li sento più da tempo.
Eppure, mi è bastato entrare nel bosco stillante per avvertirli ancora...
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Puzza di rughe . Mi piace il suo scrivere. ! Grazie di aver condiviso . Sandra Barros São Paulo Brasil .
RispondiEliminaGrazie a lei, Sandra, per il suo apprezzamento. E' bello sapere di essere seguiti anche al di là dell'oceano
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