Sulla strada, guidando e pensando...

Pubblicato il 3/02/2015



Guidare in città non mi piace, ma quando devo inerpicarmi per le strade d'Appennino, alla ricerca di borghi segreti, l'automobile rimane ancora il mezzo migliore.
Prima di tutto, mi permette la massima libertà: posso decidere di partire anche all'ultimo momento, in qualunque giorno e a qualunque ora me ne venga voglia. 
Prima di andare consulto la carta stradale, ma poi seguo l'impulso del momento.

Posso fermarmi quando e dove voglio, magari per fissare in uno scatto l'irripetibile variazione della luce.
Inoltre, posso avventurarmi in certe irresistibili stradine secondarie, attratta dall'indicazione di un'antica pieve minore, dall'insegna per la rivendita di formaggi di un pastore, o dal bizzarro cartello di un artista-eremita.



Ricordo l'eccezionale incontro di alcuni anni fa, con il solitario abitante di un castello sulla strada da Massa Marittima a San Galgano, in Toscana. 
Mi ero fermata per chiedere informazioni e mi trovai subito ospite del padrone di casa e dei suoi cani, in un ampio e spoglio salone, riscaldato solo da un enorme camino. 
Chissà se abita ancora lì.

Scelgo con cura cosa ascoltare in viaggio, fra quelle che definisco "musiche da viaggio". Quando guido in autostrada metto un CD che ho acquistato in Mongolia : sembra incredibile, ma le sue melodie, che rievocano acusticamente selvagge cavalcate nell'immensità della steppa, si adattano benissimo anche allo scorrer dell'asfalto.
La strada diventa così una pista nella prateria e l'auto è il mio cavallo, che galoppa nel vento.

Sui percorsi secondari invece preferisco musica classica o d'ambiente, che si accordi col paesaggio circostante.
Se c'è poco traffico e posso guidare rilassata, entro in uno stato quasi meditativo, dal quale spesso spuntano idee creative e risposte a lungo cercate.


Ammetto che alcune strette e serpeggianti strade montane mi mettono un po' d'ansia. Temo di trovare ostacoli o di incrociare qualche camionista malandrino, come mi successe una volta.

Adoro invece infilarmi nei boschi, guidando sotto gallerie fitte di rami. A seconda della stagione, la luce ombrosa si accende di smeraldo o d'oro, proiettandomi sempre in una dimensione di magìa silvestre.

Per mangiare, preferisco fermarmi nei piccoli paesi, in quei negozi di alimentari un po' polverosi, con annesso bar-ristorante, dove si trovano ancora vecchie saponette Camay o la Diavolina per accendere il fuoco.



Spesso suscito la curiosità di titolare e clienti e ne approfitto per chiacchierare e chiedere informazioni, scoprendo magari piccoli tesori non riportati sulle guide.

A rendermi felice, basta un panino, o una schiacciata all'olio imbottita di prosciutto nostrano, divorata davanti al belvedere, o nello spiazzo di un bosco. Se poi,come a volte accade, trovo una fontana di acqua sorgiva, riempio la bottiglia o la borraccia e proseguo il mio viaggio in libertà.


Fontana


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