Ci sono fior di reporter che hanno atteso per giorni, solo per scorgerne il profilo dietro una finestra della sua dimora. Io invece ho avuto la fortuna di incontrarla faccia a faccia, in una delle sue rare uscite pubbliche.
Di chi sto parlando? Della Kumari, la piccola "Dea Vivente" venerata da buddisti e induisti del Nepal.
Stavo camminando per le strade di Kathmandu insieme ad un amico inglese conosciuto lì, quando abbiamo visto la folla correre nella stessa direzione.
Subito ci siamo accodati, curiosi di scoprire il motivo di tutto quel fermento.
Ed eccolo avanzare verso di noi, il palanchino dorato, sul quale sedeva regalmente la minuscola divinità.
Ieratica e distante, il volto atteggiato ad un enigmatico sorriso, non sembrava più la bimba che era, quasi davvero la Dea Taleju ne stesse abitando la forma terrena.
Come una sacra brezza il suo nome, Kumari, Kumari, è passato fra gli astanti con un sussurro devoto.
Quando ho capito che stavo assistendo ad un evento raro e solenne, sono stata sopraffatta dall'emozione. Non ho nemmeno pensato a scattare fotografie, presa com'ero da quell'inattesa apparizione.
La Kumari, il cui appellativo significa "vergine", viene scelta da secoli fra le bambine appartenenti alla famiglia Shakya, la stessa che diede i natali al Buddha.
La procedura di selezione ricorda quella con cui venivano individuate in Tibet le incarnazioni dei nuovi Dalai Lama, con terribili prove di coraggio e l'individuazione degli oggetti appartenuti al predecessore.
E' sufficiente una piccola perdita di sangue, come un graffio, a far detronizzare e sostituire la piccola dea : fino a quel momento però, il suo potere è assoluto.
La Kumari Reale di Kathmandu, era infatti l'unica a sancire il potere reale, ponendo sul fronte del sovrano il sacro segno rosso della tika.
Ogni suo minimo gesto viene interpretato come una premonizione : il sorriso è segno di fortuna, l'impassibilità di esaudimento dei desideri dei fedeli, mentre una sola lacrima preannuncia sventura.
La piccola dea viveva isolata nel sui palazzo, uscendo 12 volte l'anno in occasioni solenni. Solo dal 2008 le è stato concesso di condurre un'esistenza come quella delle altre bambine, di frequentare la scuola e avere con sè i genitori.
Così, quando per caso ho trovato un articolo del famoso giornalista Corrado Ruggeri, sulle sue vane ore di appostamento sotto il palazzo della Dea Vivente, ho capito il privilegio che mi era stato concesso dal destino.
E sono stata sommersa dai ricordi del mio viaggio in Nepal.
Ma più di tutti, mi emoziona il ricordo di una serata in Durbar Square, cuore pulsante della capitale, mercato e luogo di ritrovo di viaggiatori.
Dall'alto dell'imponente Maju Dega, il tempio dedicato a Shiva, la piazza appariva ormai vuota dalla folla diurna, e silenziosa.
Finchè lentamente, emergendo dal buio, la musica di una processione con flauti e cembali è salita dalla strada, arrampicandosi sulla luce lunare con il suo incanto di note arcane.
Poi, ancora lentamente, si è allontanata nella notte.
Stavo camminando per le strade di Kathmandu insieme ad un amico inglese conosciuto lì, quando abbiamo visto la folla correre nella stessa direzione.
Subito ci siamo accodati, curiosi di scoprire il motivo di tutto quel fermento.
Ed eccolo avanzare verso di noi, il palanchino dorato, sul quale sedeva regalmente la minuscola divinità.
Ieratica e distante, il volto atteggiato ad un enigmatico sorriso, non sembrava più la bimba che era, quasi davvero la Dea Taleju ne stesse abitando la forma terrena.
Come una sacra brezza il suo nome, Kumari, Kumari, è passato fra gli astanti con un sussurro devoto.
Quando ho capito che stavo assistendo ad un evento raro e solenne, sono stata sopraffatta dall'emozione. Non ho nemmeno pensato a scattare fotografie, presa com'ero da quell'inattesa apparizione.
La Kumari, il cui appellativo significa "vergine", viene scelta da secoli fra le bambine appartenenti alla famiglia Shakya, la stessa che diede i natali al Buddha.
La procedura di selezione ricorda quella con cui venivano individuate in Tibet le incarnazioni dei nuovi Dalai Lama, con terribili prove di coraggio e l'individuazione degli oggetti appartenuti al predecessore.
E' sufficiente una piccola perdita di sangue, come un graffio, a far detronizzare e sostituire la piccola dea : fino a quel momento però, il suo potere è assoluto.
La Kumari Reale di Kathmandu, era infatti l'unica a sancire il potere reale, ponendo sul fronte del sovrano il sacro segno rosso della tika.
Ogni suo minimo gesto viene interpretato come una premonizione : il sorriso è segno di fortuna, l'impassibilità di esaudimento dei desideri dei fedeli, mentre una sola lacrima preannuncia sventura.
E sono stata sommersa dai ricordi del mio viaggio in Nepal.
Come per tutti i viaggi compiuti diversi anni fa, la memoria degli avvenimenti si scompone, come in un caleidoscopio di immagini ed emozioni.
L'incontro magico con la piccola Kumari. La maestà dell' Himalaya, contemplata sbocconcellando biscotti ammuffiti, da una stamberga sulla strada per Pokhara. L'autobus stracarico, caracollante sugli strapiombi.
Le donne curve sotto le fascine sui sentieri di montagna, o al lavoro sulla soglia delle loro povere case. Il fumo aromatico degli onnipresenti bastoncini di incenso, che appena mascherava il tanfo dei vicoli.
Le donne curve sotto le fascine sui sentieri di montagna, o al lavoro sulla soglia delle loro povere case. Il fumo aromatico degli onnipresenti bastoncini di incenso, che appena mascherava il tanfo dei vicoli.
Le galline razzolanti fra gli stupa e all'ingresso dei templi.
La vivace contrattazione con la venditrice al mercato di Bahktapur, per una gonna ricamata di specchietti ancora nel mio armadio. E i bambini, tanti, vivacissimi e stupendi...
Dall'alto dell'imponente Maju Dega, il tempio dedicato a Shiva, la piazza appariva ormai vuota dalla folla diurna, e silenziosa.
Finchè lentamente, emergendo dal buio, la musica di una processione con flauti e cembali è salita dalla strada, arrampicandosi sulla luce lunare con il suo incanto di note arcane.
Poi, ancora lentamente, si è allontanata nella notte.
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