Da tempo desideravo assistere alla celebrazione della Pasqua Ortodossa, che a Patmos assume un'intensità del tutto unica, esaltata dall'aura mistica dell'isola.
Ho seguito gran parte dei principali riti della Settimana Santa, ma non ho intenzione di farne la cronaca. Preferisco restituirne l'immagine attraverso le emozioni che ne ho riportato, come in un affresco sensoriale interiore.
La prima impressione, il clima: una primavera fresca e variabile, i cui umori si sono singolarmente adeguati all'atmosfera di contrizione e raccoglimento dei giorni della Passione.
Così, un cielo a tratti corrucciato di nubi, ha fatto da cornice alla fastosa cerimonia della Lavanda dei Piedi, la mattina del Giovedì Santo, nella piazza principale della Chora. Sullo sfondo, il profumo discreto ma penetrante della lavanda selvatica.
Il sagrato, il pavimento di ogni chiesa e perfino il percorso delle processioni era cosparso di ciuffi dai fiori violetti, strappati alle colline per essere calpestati dai fedeli e mescolare così il proprio aroma a quello dell'incenso diffuso dai turiboli.
E poi, il silenzio dolente del Venerdì, nelle strade del porto dai negozi chiusi, in un tempo sospeso di attesa dopo la morte, che ritrova i rumori della vita nella notte del Sabato Santo : prima col battere del tempo, scandito dai monaci nell'antico suono ligneo e metallico del semantron (talanto) poi con l'esplosione di gioia delle campane annuncianti la Resurrezione, seguite dallo scoppio dei fuochi d'artificio e dei petardi.
Al suono non può che accompagnarsi la Luce: la stessa che, giunta dal Santo Sepolcro di Gerusalemme splendeva in tutte le chiese di Grecia, anche qui ha acceso le candele profumate di miele dei fedeli e, nella Domenica di Pasqua, ha rischiarato il cielo finalmente sereno.
Non è un caso che i greci chiamino la Pasqua anche "lampri" ossia "splendore" e questo assume un particolare significato di speranza, nel momento d' ombra che il paese attraversa da tempo.
Proprio nel pomeriggio di Pasqua ho vissuto l'emozione più intensa seguendo la celebrazione dell'Agape presso il Monastero di San Giovanni Teologo.
Annunciato dal parossistico battito in crescendo del Talanto, dal ritmo quasi selvaggio e pagano, il rito ha raggiunto l'apoteosi con la lettura del Vangelo in sette lingue, accompagnata dal suono arcano di campane a tazza, simili a quelle usate in oriente, e suggellata da possenti canti in antico dialetto omerico.
Al termine, la distribuzione delle uova benedette tinte di rosso, simbolo del sangue versato dal Cristo per la salvezza del mondo.
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